Su Bentu 2000 - Relazione

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Nel cuore del sistema.

Si e' conclusa con successo la spedizione speleologica "Su Bentu 2000", che ha visto coinvolti, dal 5 al 8 del mese di Agosto, oltre 50 speleologi nella grotta di Su Bentu (valle di Lanaittu - Oliena – Nuoro). Nel corso dei 4 giorni di permanenza ipogea, gli speleo appartenenti al Gruppo Archeo Speleo Ambientale di Urzulei, al Gruppo Ricerche Ambientali di Dorgali, allo Speleo Club Oliena, allo Speleo Club di Nuoro, al Centro Speleo Ambientale “V. Mazzella” di Dorgali ed al Gruppo Grotte Nuorese, congiuntamente ad alcuni rappresentanti del Gruppo Speleologico Sassarese e del Gruppo Speleo Ambientale di Sassari con in testa il medico Franco Bandiera, oltre ad uno speleosub toscano, invitato per l’occasione allo scopo di integrare il team sardo, hanno prodotto un ottimo lavoro d’équipe all’interno della cavità.

La spedizione ha avuto come prologo due mesi di attività d’allestimento della grotta, condotta con la messa in sicurezza dei passaggi più difficoltosi al fine di facilitare la movimentazione degli innumerevoli tubolari necessari all’espletamento della spedizione. In questa fase è stato notevole, per impegno e tecnica espressi, l’armo di diverse centinaia di metri di traversi nella porzione alta della cavità, ad una cinquantina di metri d’altezza dalla base della Galleria dei Laghi, e l’allestimento d’alcune teleferiche tra i punti di maggior dislivello, con tirate superiori ai 40 metri. Questo lavoro preliminare ha consentito agli speleologi di procedere con notevolissima sicurezza e di essere operativi all’interno del primo sifone in meno di 8 ore, rispetto alle 13 ore occorse in analoghe spedizioni effettuate negli anni precedenti.

L’attività esplorativa, organizzata dal Gruppo Grotte Nuorese in strettissima collaborazione con tutti gli altri gruppi del nuorese, è stata finalizzata alla ricognizione di alcuni specchi d’acqua ipogei, già parzialmente esplorati dagli speleosub inglesi nei primi anni ’80. Questi sifoni, posti ad una quota assimilabile a quella della sorgente di “Su Gologone”, sono ubicati approssimativamente sotto l'area denominata "Sahara", a circa 4 Km. dall'ingresso della cavità.

In prossimità’ dei sifoni è stato allestito un campo base per la permanenza di 15 speleologi, necessari allo svolgimento delle attività subacquee per l’intera durata della spedizione. Inoltre, è stata allestita una base d’appoggio logistico esterno presso il rifugio speleologico Picave, nella valle di Lanaittu, utilizzata dagli speleologi che, con grande sacrificio personale, si sono resi disponibili per l’ingrato lavoro di movimentazione dei materiali da e per il campo base ipogeo.

Nel corso della spedizione gli speleosub Leo Fancello, del Gruppo Ricerche Ambientali di Dorgali, Roberto Loru, del Gruppo Speleologico Sassarese e il toscano Marco Broglio, hanno esplorato 3 diversi sifoni, come previsto nel programma operativo. Oltre ciò, è stata realizzata, dal cineoperatore Pierfranco Sanna, una documentazione cinematografica dell’intera operazione.

I risultati più interessanti, dal punto di vista speleologico ed idrologico sono stati rilevati nella lunghissima condotta sommersa esplorata nel corso del primo giorno d’esplorazione, localizzabile nella grande diaclasi del 3° Vento, a circa cinque chilometri dall’ingresso della cavità: questo sifone, di difficile accesso, è stato percorso da Leo Fancello e Roberto Loru per circa 140 metri di lunghezza, raggiungendo una profondità di -43 metri. L’esplorazione della frattura, che presenta una larghezza variabile dai 3 agli 8 metri, non può affatto dirsi conclusa: infatti la diaclasi allagata è stata perlustrata solo parzialmente a causa dei limiti tecnici connessi alle lunghe e profonde progressioni speleosubacquee. All’interno del sifone è stata rilevata una pavimentazione, localizzabile a circa –50 metri, composta da materiale detritico. Questo spesso diaframma orizzontale è interrotto da alcuni "blue hole" che, ad una stima speditiva degli speleosub, s’approfondiscono nel cuore del carso saturo per un centinaio di metri. Nel sifone, inoltre, è stato rilevato un discreto flusso idrico che fa presupporre l’esistenza di una circuitazione tra la cavità sommersa esplorata e l’area di risorgenza di Su Gologone.

Il secondo specchio d’acqua esplorato è quello posto sotto l’area della Grandissima Frana, localizzabile in corrispondenza della stessa linea tettonica generatrice l’immenso salone di crollo della grotta di Su Bentu. Al sifone si accede da una stretta condotta verticale, profonda circa 60 metri e piuttosto stretta, alla base della quale si apre un terrazzino, le cui dimensioni assai ridotte limitano grandemente le operazioni di vestizione dello speleosub. In questa porzione di carso saturo Marco Broglio ha esplorato un profondo salone sommerso, originato da un’intensa attività di crollo. Il sifone si approfondisce per una cinquantina di metri sotto la superficie d’acqua, in un ambiente piuttosto ampio ma inesorabilmente chiuso alla progressione speleosubacquea. La caratteristica saliente di questa porzione di bacino idrico ipogeo è quella, per esprimersi con il termine utilizzato dallo speleo toscano, di “pattumare” molto rapidamente, ovvero di venire interessato da una notevole quantità di sedimenti in sospensione che limita inevitabilmente la visibilità all’interno del sifone. Considerate le condizioni tettoniche e geomorfologiche molto tormentate presenti nell’area nella quale insiste la condotta sommersa, ci si attendeva un risultato di questo tipo. E’ anche vero che, nelle attese, si sognava di poter incontrare, in questo sifone, la prosecuzione del salone della Grandissima Frana e, quindi, immensi ambienti completamente allagati. Il fatto è che, comunque, questo sifone pattuma!

Il terzo sifone, localizzabile a circa 80 metri di dislivello sotto il campo base ipogeo, è stato esplorato da Leo Fancello nel corso del terzo giorno d’esplorazione. Si tratta di una condotta assorbente impostata su una diaclasi parzialmente occlusa da materiali detritici anche di grandi dimensioni. La morfologia delle pareti subaeree mostra un intenso fenomeno di disostruzione naturale in atto, che trova evidenti analogie dinamiche anche nelle soprastanti condotte, nella zona del campo base: nel “Sahara”, infatti, nel corso di oltre 50 anni d’osservazioni, si è potuto assistere ad un continuo e sempre più rapido depauperamento delle imponenti dune sabbiose che costituiscono la base della cavità. Questo fenomeno è causato dall’azione erosiva compiuta da possenti “venute” idriche sotterranee durante i periodi di piena che, dal soprastante reticolo idrografico superficiale, s’infiltrano all’interno della grotta. Tali violente immissioni idriche provocano, in quest’area, la movimentazione e l’allontanamento delle masse di sedimenti verso le porzioni più profonde del sistema carsico e, quindi, verso il terzo sifone esplorato. Le osservazioni effettuate da Leo all’interno della condotta sommersa comprovano questa ricostruzione idrodinamica: lo speleo dorgalese, infatti, ha percorso la diaclasi per circa 70 metri di lunghezza, riscontrando sul fondo, ad una profondità di circa 20 metri dal livello dello specchio idrico, un’estesa copertura sabbiosa che di diparte alla base di un vasto salone doliniforme. Questa depressione sommersa, che allarga la diaclasi iniziale sino a raggiungere un diametro di circa 15 metri, rappresenta quindi una delle tante vie di collegamento tra il sistema carsico saturo che alimenta le sorgenti di Su Gologone e le soprastanti zone di percolamento. Nel caso di questo sifone, la circuitazione idrica avviene lungo antiche condotte carsiche parzialmente tamponate da estese coltri sedimentarie di tipo sabbioso.

La mole di osservazioni riportate nel corso della spedizione, una volta correlate con i dati osservativi già acquisiti, consentiranno agli idrogeologi dei gruppi speleo di dimensionare con maggior precisione quello che è possibile definire ormai come un immenso bacino idrico sommerso posto sotto i Supramonte d’Oliena, Dorgali, Orgosolo e Urzulei. Al fine di corredare con altre analisi le osservazioni già conseguite, e nell’ambito della stessa operazione esplorativa, è in programma uno studio che prevede il tracciamento delle acque superficiali che s’infiltrano nei territori d’Urzulei ed Orgosolo. Tale studio compendierà, con analisi di carattere quantitativo, un’analoga prova di colorazione già effettuata nel 1999 dalla Federazione Speleologica Sarda, attraverso la quale si stabilì con certezza la comunicazione diretta tra gli inghiottitoi presenti nei Supramonte d’Urzulei e Orgosolo, nelle propaggini settentrionali del massiccio del Gennargentu, e le sorgenti di Su Gologone.

Oltre i notevoli risultati esplorativi, il fattore certamente più importante scaturito nel corso della spedizione è stato il clima di collaborazione e di comunanza instauratosi nell’occasione tra speleologi provenienti da gruppi diversi che, sino a qualche tempo fa, lavoravano in modo autonomo se non addirittura conflittuale. Non credo potrò (e vorrò) dimenticare il clima caciarone e goliardico al quale ho partecipato nel corso del primo giorno di permanenza al campo base, quando si sono trovati simultaneamente insieme oltre 30 speleo, ad intasare festosamente e proficuamente la sala del Sahara.

Il clima di collaborazione instauratosi, certamente, è destinato a protrarsi nel tempo e a dare frutti concreti nella conoscenza delle bellezze naturalistiche dei territori carsici del nuorese e nelle straordinarie risorse idriche celate nelle nostre montagne.