L'abisso delle vergini
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di Sergio Angeletti - 1971 - L'Atlante
Questa notizia i lettori di Atlante, la stanno leggendo in esclusiva mondiale. Per averla, prima, e per poterla dare, poi, non e stato facile e c'è voluto un po' di pazienza e qualche avventura. Perché i sardi, si sa, sono gente fidata ma diffidente, e quelli del Gruppo Grotte Nuorese non fanno certo eccezione, anzi.
Si capisce allora che quando, nello scorso maggio, si son resi conto di aver messo per l'ennesima volta le mani su qualcosa di grosso, han badato bene a star zitti, non foss'altro perché parte dei recuperi si presentavano laboriosi, ed era meglio non avere troppi funzionari e cattedratici a metter bocca: ora che un bel po' di lavoro e stato fatto, esca pure la notizia, e mettano pure bocca che ne avranno da dire.
Perché il Gruppo Grotte Nuorese ha scoperto nella Voragine di Ispinigoli un pozzo sacrificale che testimonia di usanze eccezionali per il bacino mediterraneo; un riferimento concreto più immediato bisogna infatti andarlo a cercare al di la dell'Atlantico, nell'America precolombiana.
Perché nella voragine di Ispinigoli sicuramente durante il periodo in cui i fenici erano presenti in Sardegna, ma probabilmente già da prima, si consumavano sacrifici umani, facendovi precipitare fanciulline abbastanza giovani da esser vergini e opportunamente agghindate per la bisogna. Come si vede, la cosa e grossa, anche se la “scienza” non ha avuto ancora modo di pronunciarsi, essendo stata finora tenuta all'oscuro.
Dei primi rinvenimenti, è vero, risalenti alla primavera del 1961, la soprintendenza giurisdizionale era stata informata, e molto materiale (290 perline di pasta vitrea, anelli e bracciali di bronzo, due minute falangi cui gli anelli s'erano concrezionati) le era stato consegnato, ma si pensò sbrigativamente a delle sepolture ipogee, come dire sotterranee: come le si fosse eseguite in fondo a una spelonca che strapiomba per più di 50 metri non era però stato spiegato.
Gli speleologi nuoresi continuarono a scendere anno per anno a Ispinigoli, sotto il monte S'Ospile, in agro di Dorgali, finché esattamente un anno fa, nel Natale del 1970 (quella di passare il Natale in grotta è una tradizione), il gruppo si imbatté nel mistero del legname scomparso e nella scoperta del pozzo sacrificale.
Andò così. La grotta, dopo un ingresso abbastanza agevole, sul fianco del monte circa a quota 170, su una sala dominata da una colonna stalagmitica alta oltre 25 metri, in lizza per il primato mondiale, che spunta fuori da una profonda oscurità, ha un primo salto di 25 metri, e poi un secondo di 40, con la possibilità di una direttissima che ne impegna solo 55. Decisi a concludere l'Avvento sotto terra, i trogloditi di Nuoro avevano pensato bene di portarsi un po' di legna da ardere e l'avevano rovesciata giù per la voragine, a precederli. Scesi anche loro, però, ne trovarono si e no la metà. Esclusa la presenza di ladri di legname là sotto, la soluzione della scomparsa fu quasi subito trovata: il secondo salto è interrotto dopo una quindicina di metri da uno sperone a colpo d'occhio mascherato da prospettive, e che non era mai stato notato: i ciocchi s'erano fermati lì.
Recuperati, si decise (la curiosità è mestiere di gente che fruga le interiora della terra) di tornare appena possibile a esaminare a fondo lo sperone fantasma.
Ciò è accaduto nel maggio scorso, ed evocando ben altri fantasmi: c'erano ossami interi e frammentati, perline di vetro a manciate, 14 bracciali di bronzo e uno d'argento, 3 anellini, 2 medagliette con foro eccentrico, sempre di bronzo, e poi una campanella di bronzo con battaglio di ferro e un monile da collo con pendaglio terminante in una ruota dentata, con tutta l'aria di un simbolo solare.
Infine, per l'ulteriore dissotterramento di un po' di materiale già avvistato (un paio di denti e di anelli, una mandibola, un osso carpale, un bracciale) si è atteso l'arrivo, il 18 settembre, di chi scrive, coronando gli accordi presi in una precedente visita in Sardegna, con sopralluogo a Ispinigoli, ai primi di luglio, dove si era deciso, da una parte, di riservare l'esclusiva ad Atlante, e dall'altra di tornare con un fotografo disposto ad arrischiare le sue apparecchiature, e se stesso, in una voragine sacrificale.
Ora, che di questo si tratti si deduce da svariati elementi.
A parte l'aspetto di tempio della grande sala iniziale, con una balconatura naturale che ne percorre buona parte del lato sinistro e la colonna centrale, che devono aver notevolmente suggestionato gli antichi visitatori, ci sono tutti i monili, che la fattura denuncia per punici e le ridotte misure, al pari di quelle dei reperti ossei, pare indossati da ragazzine, e soprattutto il doppio salto del legname: il primo materiale, quello del 1961, era stato trovato nello stesso punto dei ciocchetti arrivati sino in fondo. Si configura così una scena chissà quante volte ripetutasi attorno a due millenni e mezzo fa: il collegio dei sacerdoti scorta, secondo un rituale minuzioso come sapevano esserlo quelli dei Cananei (Kéna'anim è il nome ebraico dei fenici), la fanciullina fin sul ciglio della voragine, un volo tenebroso, alcune volte la vittima si infrange sullo sperone, o vi rimbalza prima di sfracellarsi sul fondo, altre volte la caduta è ininterrotta, 50 metri fin giù.
Ebbene: che la cultura punica accogliesse sacrifici umani è cosa notissima e i toffet, sacrari di urne cinerarie coi resti cremati dei piccoli primogeniti delle famiglie nobili, sono ancora qui a testimoniarlo, e d'altro canto ci sono anche i pozzi con cupola dedicati dai nuragici "alle divinità del misterioso mondo sotterraneo, minacciose e terribili", ove si ritiene avessero luogo riti ordalici, giudizi di Dio, prove dell'acqua anziché del fuoco.
Ispinigoli si presenta quindi come una contaminazione fra queste due religiosità, con un occhio, se si vuole, al mito del Minotauro, e dei tributi umani in fanciulli e fanciulle spinti negli oscuri meandri del Labirinto, e, invece, col suffragio della storia e della archeologia, agli Atzechi, agli Incas.
Sui come e sui se, la parola è agli esperti, ora che ne sono informati.